A Macerata, al teatro Lauro Rossi, la prima di Shi (Si faccia)

Shi
Shi

Guarda ad oriente il Macerata Opera Festival ed inaugura l’edizione 2017 con la prima esecuzione assoluta di Shi (Si faccia) un’opera da camera ispirata alla vita di Padre Matteo Ricci, composta e diretta da Carlo Boccadoro su libretto di Cecilia Ligorio.

Due pianoforti, le percussioni dell’Ensemble Tetrakis e una musica travolgente, che risente fortemente dell’esperienza jazzistica del suo compositore, ci proiettano all’interno di quella che fu una delle esperienze più sensazionali del presente millennio, il viaggio in Cina del maceratese Padre Matteo Ricci.

Sul palco tre figure fra loro complementari, quasi tre diverse componenti dell’animo del gesuita: il viaggiatore, cui spetta il compito di recitare i testi delle lettere inviate da Matteo; l’uomo che guarda, il quale esprime tutti i dubbi e le paure dell’ignoto che attanagliano ogni protagonista di un’esperienza nuova, un uomo reale, fatto di carne e ossa, con i suoi dubbi, che sa però essere  anche di sostegno agli altri nel momento del bisogno; Matteo che rappresenta la parte più entusiastica e fideistica dell’animo umano, sempre rivolta a Dio e verso il futuro.

In poco più di un’ora e quindici minuti, lo spettatore riesce a immergersi in tutte le tappe del grande viaggio di Matteo, da Macao a Zhaoqing, ove il padre fondò la prima residenza, passando per Nanchino, fino a giungere a Pechino, ove Ricci divenne amico di molti letterati e mandarini, arrivando così ad essere ricevuto all’interno della Città Proibita dall’imperatore Wanli della dinastia Ming, della cui protezione il sacerdote poté godere per tutta la vita.

Un’esistenza straordinaria e lungimirante che puntò tutto sul presentare la fede passando attraverso la conoscenza scientifica e astronomica, così cara ai Cinesi, che gli consentì di creare il primo mappamondo sinocentrico e di essere sepolto, unico straniero al mondo, in terra cinese per esplicita concessione imperiale, ottenuta dai richiedenti proprio con la breve scritta Shi (si faccia).

Shi
Shi

Straordinaria l’interpretazione di Bruno Taddia dell’uomo che guarda: la solidità vocale si unisce ad una forza interpretativa senza pari che gli consente di rendere perfettamente in ogni istante le incertezze e i ritrovati entusiasmi del personaggio più umano ed empatico dei tre sempre presenti in scena.

Bravissimo anche Roberto Abbondanza che veste i panni di Matteo con la pacatezza dovuta all’uomo di fede, il quale si entusiasma nello studio della lingua cinese, così da inventare un nuovo termine per definire Dio visto come ‘Signore del Cielo’, e che ha sempre chiaro di fronte a sé l’obiettivo finale fino al momento tragico della morte.

Solo attoriale, invece, sebbene non meno coinvolgente, la parte di Simone Tangolo che impersona il viaggiatore e che assiste muto, quasi in disparte alle vicende, commentandole con la lettura di alcuni passi delle lettere di Ricci.

Semplice, lineare, ma davvero raffinato l’allestimento curato dall’Accademia delle Belle Arti di Macerata che si giova di un sapientissimo uso delle luci e di gradevoli videoproiezioni, oltre che di pochissimi arredi, consistenti in buona sostanza in tre casse lignee piene di libri.

La musica non porta espliciti richiami all’oriente o a qualche supposto esotismo, ma insiste molto, in perfetta sintonia col testo, sull’aspetto emotivo e psicologico della vicenda, raggiungendo il suo culmine nel momento (commovente) della morte del gesuita.

Un’esperienza felice, dunque, questa così fortemente voluta dal Macerata Opera Festival, cui personalmente auguriamo un seguito altrettanto felice che le consenta di essere riproposta in altri teatri per quella sua capacità, non così scontata, di far ben interagire fra loro l’elemento scenico, quello testuale, quello musicale e quello vocale.

Simone Manfredini